Da:http://www.ilrestodelcarlino.it/reggio_emilia/cronaca/2013/01/12/828838-bigamia-marito-denunciato.shtml
Un 60enne denunciato dalla (prima) moglie per bigamia: "Ha sposato una dominicana di 34 anni, eppure lo amo"
di Mike Scullin
Reggio Emilia, 12 gennaio 2013 - «IO VOGLIO che mio marito torni a vivere con me: per questo non ho mai voluto iniziare la separazione, anche se so perfettamente che lui ha sposato un’altra ai Caraibi. Una donna che un giorno mi telefonò invitandomi a non importunare il marito perchè la moglie era lei e non più io...».
Caso a dir poco paradossale, quello di R.L., una reggiana di 60 anni che - pur amandolo ancora - si è costituita parte civile nel processo che vede imputato di bigamia il marito, Ivan Romani, uomo d’affari di 61 anni. Romani è accusato di aver sposato un’altra donna, 34enne, di nazionalità dominicana, a Santo Domingo, senza aver mai divorziato.
Caso a dir poco paradossale, quello di R.L., una reggiana di 60 anni che - pur amandolo ancora - si è costituita parte civile nel processo che vede imputato di bigamia il marito, Ivan Romani, uomo d’affari di 61 anni. Romani è accusato di aver sposato un’altra donna, 34enne, di nazionalità dominicana, a Santo Domingo, senza aver mai divorziato.
IL SINGOLARE processo, che affronta una vicenda del 2009, è giunto alla terza udienza. Nell’ultima, assente l’imputato, hanno testimoniato la moglie (o almeno la prima) e il dirigente dell’anagrafe del Comune di Reggio, Alberto Bevilacqua. Il quale ha dichiarato al giudice che il certificato di stato libero prodotto al Comune di Santo Domingo dal ‘fedigrafo’ e poi trasmesso all’anagrafe reggiana dal consolato dominicano, appare un falso grossolano.
Ma chi è Ivan Romani? Un personaggio poliedrico dotato di un certo fascino, con innegabile capacità di convincere l’interlocutore. Ne sanno qualcosa un uomo e sua sorella, reggiani di mezza età a cui, secondo l’accusa in un altro processo per truffa e appropriazione indebita, Romani avrebbe fatto credere che la Chiesa era intenzionata ad acquistare due resort di lusso a Zanzibar: loro fecero da consulenti, pagando viaggi, vitto e pernottamenti dovendo poi affrontare di persona gli avvocati africani che, scoperto l’imbroglio, avevano un diavolo per capello. L’Istituto per il sostentamento del clero si è costituito parte civile in una causa-satellite in quanto Romani avrebbe utilizzato timbri falsi dell’istituto per carpire la buona fede di fratello e sorella. Le due cause sono in corso.
L’ALTRO pomeriggio, in udienza, la moglie di Romani - assistita dall’avvocato Andrea Davoli - ha raccontato che la conoscenza tra il marito e la successiva moglie dominicana nacque nella città caraibica: la ragazza gestiva un negozio di fronte al villaggio turistico scelto dai Romani per una vacanza. «L’avevo anch’io conosciuta in maniera superficiale, poi venni a sapere che mio marito se l’era sposata e chiedeva la trascrizione del matrimonio in Italia». La donna è parte civile perchè, una volta constatata la volontà del marito di non ricostituire il vincolo, cerca col risarcimento un aiuto alle difficoltà economiche che sta affrontando. Romani è difeso dagli avvocati Noris Bucchi ed Elisabetta Strumìa secondo cui non c’è la prova che il matrimonio contratto a Santo Domingo sia valido, quindi trascrivibile in Italia: la prova va fornita al giudice in dibattimento, ad esempio con la eventuale testimonianza del console dominicano. Anche a Santo Domingo la bigamia non è permessa. La prossima udienza (con sentenza) si terrà il 15 marzo.
IL PROBLEMA della bigamia, in Italia, si pone di frequente con i musulmani. I quali possono avere più mogli secondo il loro ordinamento religioso: il nodo giuridico si pone quando chiedono la trascrizione in Italia. «In questo caso - afferma l’avvocato Davoli che ha affrontato molte situazioni di questo tipo - per trascrivere un matrimonio devono prima divorziare nel precedente se a suo tempo trascritto in Italia. Ma se non hanno mai chiesto la trascrizione possono tranquillamente risultare sposati con più donne, senza però ottenere il ricongiungimento familiare».
Mike Scullin