Cassazione civile , sez. I, sentenza 18.12.2013 n°
28220 (Giuseppina
Vassallo)

Il Tribunale ecclesiastico
aveva annullato il matrimonio per "simulazione totale da parte della convenuta"
e quindi per assoluta divergenza tra volontà e dichiarazione. Il matrimonio era
stato celebrato nel 1995 e finito qualche anno dopo, tanto che nel 2005 il
marito aveva ottenuto l’annullamento alla Sacra Rota.
Il Ricorso in Cassazione si
basa su questa tesi.
Non ci sarebbe stata
simulazione di consenso quanto agli effetti civili del matrimonio ma solo con
riguardo alla fede cattolica. La sentenza ecclesiastica, e di riflesso la
sentenza impugnata, avrebbe compiuto un salto logico, desumendo che dal momento
in cui la moglie non voleva sposarsi in chiesa, allora non volesse sposarsi
affatto.
La decisione sarebbe inoltre
contraria all'ordine pubblico, perchè ritiene simulato il matrimonio per
mancanza di credo, mentre tale convincimento rientra nella libertà religiosa
della parte, costituzionalmente garantita.
La Cassazione ha ritenuto
infondate le motivazioni della donna. Anche se il giudice civile italiano è
tenuto ad accertare la divergenza unilaterale tra volontà e dichiarazione, lo
deve fare basandosi sulla sentenza del Tribunale ecclesiastico e sugli atti del
processo canonico acquisiti, anche se opportunamente riesaminati e valutati, ma
non c’è spazio per un’integrazione di attività istruttoria.
Inoltre, si tratta comunque di
matrimonio concordatario, soggetto ai principi del diritto canonico e quindi la
validità del vincolo va valutata sulla base di quell'ordinamento. Nessun
Tribunale potrebbe valutare la fattispecie mettendosi nell'ottica del matrimonio
civile.
La pronuncia parla di mancanza
totale di uno dei bona matrimoni del diritto canonico, secondo il quale
il sacramento matrimoniale non ha l’effetto di unire i coniugi in un vincolo
davanti a Dio, se manca la volontà e la consapevolezza di contrarre gli impegni
che derivano da un matrimonio religioso.
Secondo la Cassazione, il
Giudice di Appello doveva solo valutare la non contrarietà all’Ordine pubblico
della sentenza ecclesiastica e a tal fine non si ritiene violata nessuna norma
di ordine pubblico, poiché la riserva mentale era stata manifestata all’altro
coniuge. Se così non fosse stato, la delibazione non sarebbe stata possibile per
contrarietà con le norme che tutelano la buona fede e l’affidamento
incolpevole.
La pronuncia della Cassazione ricalca un
precedente provvedimento della stessa Corte in tema di delibazione di sentenza
di nullità del matrimonio concordatario (Cass. civ. Sez. I, 19/10/2007, n.
22011).